La peste nera del 1347-53 fu probabilmente la prima grande epidemia del mondo.
La peste arrivò dall’Asia (probabilmente il paziente ZERO era della Mongolia) sulle vie carovaniere giungendo a Caffa sul Mar Nero. Da lì una una nave genovese carica di grano la portò insiema al grano da noi. Arrivò così a Messina per poi risalire la penisola. Nel 1348 invase tutta Europa!
A Firenze fece le prime vittime in marzo (che a questo punto possiamo dire non è un mese fortunatissimo!) ed esplose il mese successivo. Continuò a mietere morti fino alla fine di settembre di quello stesso 1348, quando il contagio cominciò a diminuire gradatamente (le fonti parlano di scampato pericolo solo all’autunno successivo).
Il Boccaccio, grande cronista di questa peste, annotò che si accorsero che “non solamente il parlare e l’usare cogli infermi dava a’ sani infermità o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o qualunque altra cosa da quegli infermi stata tocca o adoperata pareva seco quella cotale infermità nel toccator transportare”.
La Medicina del medioevo era quella di Galeno basata sulla teoria dei quattro umori. Si sosteneva che le malattie si trasmettessero per lo squilibrio fra i vari umori del corpo: sangue, flegma, bile gialla e bile nera.
Secondo questa medicina, la corruzione dell’aria (pensate al nome della mal-aria) provienente dalle fogne o dalle acque paludose o da putrefazioni avrebbe creato una specie di “veleno” nell’aria capace di entrare in un corpo sano attraverso i pori delle pelle.
Per questo era necessario proteggersi, soprattutto proteggere il medico.
Ed ecco inventati i primi DPI.
Eccone una descrizione delXVII secolo :
“Le loro maschere hanno lenti di vetro
i loro becchi sono imbottiti di antidoti.
L’aria malsana non può far loro alcun male,
né li mette in allarme.”
Erano convinti che il lungo vestito di tela cerata, i fori per gli occhi coperti di vetro e soprattutto la maschera li rendessero immuni alla malattia. Infatti, secondo Galeno, se “respiravi” essenze profumate, i miasmi della malattia non ti potevano colpire.
La maschera è quindi DPI fondamentale anche allora. Forse un tantino più difficile da produrre.
Essa infatti aveva un lungo becco all’interno del quale venivano inseriti fiori secchi, lavanda, timo, mirra, ambra, foglie di menta, canfora, chiodi di garofano, aglio e spugne imbevute di aceto.
Infine anche allora la scelta che prevalse fu il distanziamento sociale.
Ci racconta Alvise Zen, medico della peste a Venezia durante l’epidemia del 1630, che i medici della peste erano gli unici a poter girare liberamente per le città. Per tutti gli altri vigeva il coprifuoco perenne con pena di morte. Quindi niente passeggiatina vicino a casa, niente Esselunga e niente portare fuori il cane!
RESTATE A CASA!!!!